Atterrare a Calcutta suscita sempre grandi emozioni. Per i volontari che per la prima volta si uniscono a questa avventura, è più che comprensibile; sicuramente sono già stati informati su Calcutta e qualche amico li avrà già detto un’infinità di cose e dato una marea di consigli. Tuttavia, anche per coloro i quali Calcutta è diventata una data fissa ogni anno, l’emozione è enorme.
Quest’anno eravamo dieci volontari provenienti da Spagna, Italia, Stati Uniti e Messico. Siamo arrivati il 30 luglio dopo un lungo viaggio. Una volta che ci siamo incontrati all’aeroporto -tutti tranne due che sono arrivati pochi giorni dopo – ci siamo spostati all’hotel “Executive Tower” dove siamo rimasti fino al 15 agosto, giorno in cui abbiamo lasciato la città.
Il primo impatto con Calcutta è forte, molto forte. Suscita sentimenti assai contrastanti. Ma a poco a poco il gruppo si è ambiento. Ciò che inizialmente ti crea confusione nel tempo genera una strana attrazione.
Il nostro servizio è stato sviluppato in diversi centri: “Shishu Bhavan”, delle Missionarie della Carità; “Nabo Jibon”, dei Missionari della Carità; e “Nirmal Niketan”, dei Missionari della Parola.
“Shishu Bhavan” si trova a due passi dalla “Mother House”, la casa dove abitava Madre Teresa e dove è sepolta. Le “sisters” accolgono i neonati abbandonati e hanno anche un’infermeria che offre medicine e assistenza sanitaria a centinaia di migliaia di poveri della città. “Nabo Jibon” è nella zona di Howrah, una zona periferica e particolarmente povera; qui i “brothers” si prendono cura di circa 70 uomini abbandonati, anziani, malati o disabili.
“Nirmal Niketan” è anche nella periferia di Calcutta, ma verso l’altro lato della città, a Kabardanga; è un centro per bambini e ragazzi con disabilità provenienti da ambienti di estrema povertà. La nostra associazione VIDA ha costruito quasi tutta la struttura e sostiene per intero le spese di gestione; i Missionari della Parola si occupano della direzione e dell’amministrazione. Cinquantotto bambini studiano e mangiano lì e nove di loro vi dormono.
Il lavoro in “Shishu” e “Nabo”, come li chiamano i volontari, è abbastanza semplice: lavare i piatti, servire il cibo, pulire i vestiti e la casa, fare compagnia ai malati, giocare, scherzare con loro, ecc.
Presso il “Nirmal” i missionari hanno disegnato e giocato con i bambini, li hanno aiutati a fare i compiti e uno dei giorni li hanno persino portati in gita nella “Città delle Scienze”: un’esperienza meravigliosa sia per i bambini che per i volontari. Inoltre, nel “Nirmal” abbiamo dipinto pareti, scale e colonne; un lavoro che sarebbe abbastanza fattibile se non fosse per il caldo soffocante e le piogge monsoniche. Una delle esperienze più belle del “Nirmal” è stata la festa che studenti e insegnanti ci hanno offerto l’ultimo giorno per ringraziarci e salutarci; l’hanno preparata con grande sforzo e hanno manifestato un affetto commovente.
Quest’anno non è mancato “Hope for Homeless”, un programma di VIDA a favore delle persone che vivono nelle strade o nelle “slum” (baraccopoli) più povere della città. Abbiamo distribuito cibo e prodotti per la pulizia e l’igiene a oltre 250 famiglie, grazie alla generosità di tante persone che ci hanno fatto una donazione.
Ci sarebbero molte altre cose da dire su Calcutta, sul gruppo di volontari, sulle attività che svolgiamo. Quello che succede è che quando scrivi di Calcutta e dell’esperienza vissuta lì con VIDA, hai la strana sensazione che sia impossibile esprimere tutto. Quindi, o viene fatta una sintesi estrema (come in questo caso) o viene scritto un libro; sicuramente creando insoddisfazione in ciascuno dei casi. Il punto è che Calcutta va vissuta, la missione umanitaria deve essere vissuta. Non c’è altro modo. Si spera che queste poche righe abbiano suscitato in voi lettori il desiderio di fare questo passo il più presto possibile e che quindi vi abbiano spinto ad unirvi all’avventura per vivere una delle migliori esperienze della vita, con VIDA.