L’essere umano in India, in particolare la donna e ancora di più le bambine, diventa spesso un oggetto, una merce da vendere e da sfruttare per il sesso a pagamento. Queste persone perdono la loro dignità, il loro diritto a vivere l’infanzia, non sanno cosa significa giocare o studiare, sono considerate come dei prodotti per il commercio da parte di uomini o associazioni senza scrupoli che sfruttano il profondo disagio sociale ed economico di molte famiglie, costrette a dare via i propri figli per non morire di fame.
Ogni anno sono introdotti in questi commerci ignobili 3.000 bambini e bambine, e si contano dai 400.000 ai 500.000 bambini sfruttati sessualmente, dalla pornografia infantile allo sfruttamento sessuale vero e proprio. Il giro d’affari si aggira attorno ai 5 miliardi di dollari annuali, provocando una diffusione delle malattie esponenziale, in particolar modo dell’HIV e di altre malattie veneree.
È una situazione davvero drammatica e profondamente triste, soprattutto perché basti pensare che i bambini sono il futuro di qualsiasi società, e sfruttarli, farli morire dentro, significa condannare la società stessa. Non si può restare indifferenti, fermi o girarsi dall’altro lato, quando si sa che molti, troppi, bambini perdono la loro gioia di vivere perché vittime di abusi e di sfruttamento.
VIDA ha deciso per questo di voler appoggiare diversi centri che si preoccupano di tutelare e strappare dalla prostituzione le bambine, visto la loro condizione di particolare svantaggio sociale, in quanto donne. Aiutiamo i progetti di due centri che operano nella metropoli di Calcutta.
Uno è il centro di Anand Bhavan, nel quale 30 ragazze, delle zone più povere e rurali intorno a Calcutta, di diverse religioni ed etnie, hanno la possibilità di riceve una formazione completa, sia educativa, che scolastica che lavorativa, in modo tale da avere un accesso più facile e indipendente dall’uomo al mondo del lavoro, garantendo loro una certa emancipazione.
L’altro centro è il New life and new hope, situato nella zona rurale di Kabardanga, che accoglie circa 150 ragazze, orfane o di famiglie estremamente povere. Il centro nacque appunto per evitare che le famiglie della zona utilizzassero le proprie figlie come fonte di guadagno, o addirittura venderle per così non morire di fame. Ad esse viene garantito tutto, è un vero e proprio centro di accoglienza che si preoccupa principalmente della loro istruzione.
Un bambino, una bambina hanno tutta una vita davanti ed è giusto, necessario, indispensabile che la vivano appieno, senza dover subire questi traumi, questo sfruttamento ignobile, inumano, che strappa loro la dignità di esseri umani. Non sono, non possono e non devono essere degli oggetti. Sono il futuro e la garanzia di un mondo migliore.